Era il Febbraio del 2007 quando Lorenzo mi parlò per la prima volta della ruggine. Era mattina presto, non mi ricordo cosa stessi facendo ma ho impresso nella mente la sua voce eccitata uscire dal cellulare: “O Nini! Ho trovato un materiale mi-ci-di-a-le! Non ci posso credere! Qui ai lavori sul pontile, sulla spiaggia, c'è n'è tantissimo! Marrone, giallo, ocra!” Nel momento devo dire di non essere rimasto impressionato, anzi non capivo affatto di cosa stesse parlando. Gli dissi “O Lore! Non ci sto capendo nulla! Fagli una foto e mandamela per email!”. Poche ore dopo, seduto davanti al monitor, potevo vedere le foto della spiaggia versiliana. Adagiati sulla sabbia una fila di pilastri che erano stati utilizzati per la costruzione di un nuovo pontile. Su questi pilastri d'acciaio il contatto del acqua marina aveva ossidato delle zone che creavano un bouquet di colori vivissimi. Continuavo a non capire cosa volesse farci Lorenzo. Voleva copiare quei colori per il suo prossimo quadro? O forse voleva convincermi a fare un reportage fotografico sui detriti della costruzione? La risposta venne un mese più tardi quando passando per il suo studio vidi che Lorenzo aveva staccato la ruggine da quei piloni e l'aveva ricomposta sulla tela. Con l'attenzione di un'archeologo in uno grotta millenaria si era portato via le scaglie di ruggine da quei piloni in disuso. Era riuscito a mantenere la forma e la dimensioni senza rompere quelle fragilissime croste metalliche.
Non era la prima volta che Lorenzo stupisce tutti con una trovata di riclaggio artistico, iperrealismo, nella direzione dei maestri italiani del novecento come Fontana &CO. Qualche mese prima aveva prodotto una serie di cuadri fenomenali in cui nel talgio centrale della tela si infilavano coppie di ominidi ricavati dalle frange dello scopettone Mocho Vileda. Ma questa volta Lorenzo ha trovato un materiale completamente inedito con il quale giocare e sperimentare. Nella prima serie di cuadri “Ruggine” si possono delieare tre approcci e tre soluzioni diverse nel uso di questo materiale. Il primo è riconoscibile in quanto la tela è completamente coperta dalle scaglie metalliche. Non vi è spazio oltre la ruggine che copre la tela in maniera unforme fino ai bordi. In questa soluzione il cuadro presenta una prospettiva bi-dimensionale e la tela è sempre di colore bianco. Sembrano delle mostre di tessuto, quasi a spiegare la tavolozza da cui d'ora in poi Lorenzo ha intenzione di attingere i colori e le forme. La seconda soluzione è una evoluzione radicale dalla prima. Innanzi tutto il fondo diventa coloratissimo: giallo canarino, azzuro cielo, rosa violetta. Ma quello che colpisce è la distribuzione della ruggine: le scaglie sono molto più distanziate e sono adagiate su una linea di polvere metallica. Da lontano sembra di vedere degli anelli di asteroidi che fluttuano compatti nello spazio. Nella stanza in cui sono appesi questi quadri ci si sente al sicuro, come dentro il nostro sisitema solare, protetto da un anello di questo tipo. La terza soluzione ha un altra personalità forse più matura delle precedenti. Il fondo è colorato con delle sfumature in sintonia con il colore della ruggine: giallo paglierino, verde scuro, marrone terra, rosso corvino, nero e fluo. In questi quadri la ruggine è posta con una tecnica nuova. Ci sono delle scaglie più grandi nel centro dalle quali partono dei pezzetti più piccoli che coprono tutta la tela ma che sono distanziati in modo tale che da lontano sembra di vedere il fermo immagine di un'esplosione. Polvere di ruggine taglia parti del cuadro ricordando la via lattea del nostro firmamento. Grazie a questa nuova diposizione si cominciano a vedere forme uscire dal cuadro: un bambino, un indiano, un automobile. Lorenzo dice che ancora molte delle forme devono venire fuori ma a me gia mi basta così: seduto davanti a uno di questi quadri ho la sensazione di poter rivivere il momento del big bang al rallentatore.
Nino Milone
www.ninomilone.tk
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