Il sentimento delle cose

«Ho visto cose bellissime grazie alla diversa prospettiva
suggerita dalla mia perenne insoddisfazione
e quel che mi consola ancora
è che non smetto di osservare».

Edgar Degas, Scritti

Nei controversi scenari dell’arte contemporanea la figura di Lorenzo Filomeni emerge per un’originalità inconsueta. Quanto contraddistingue il lavoro di quest’artista giovane e ispirato, amante delle più complicate sperimentazioni, è infatti il piglio esclusivo che innerva la profondità concettuale di opere dall’affascinante apparenza e la non meno suggestiva essenza endogena.
Le ruggini come le sfere realizzate con i filtri di sigarette non fumate racchiudono, subliminali, la visione allusiva che Filomeni ha dell’esistenza: l’uomo vi collima quale particella atomica organica ad altre analoghe; è il nucleo germinale di corrispondenze individuali o relazioni comunitarie.
L’emblematica, sebbene quasi impercettibile, deformità di composizioni scultoree formate da tanti minuscoli elementi cilindrici – i filtri delle sigarette appunto – corrobora il fascino di sagome altrimenti perfette in quella che è la loro primitiva convenzione: sfere, dunque, che, quantunque abbiano richiesto una certosina sistemazione dei singoli contributi, ai limiti della più algida equazione matematica, si lasciano diversamente apprezzare per una varietà di umori – emozioni, fragranze, suoni… – che esse, con coinvolgente effervescenza, riescono immediatamente a suscitare.
L’urgenza che si indovina peraltro più evidente, al momento, in Filomeni è quella di mostrare, delle cose, un punto di vista diverso, sconosciuto, magari persino invisibile, fino a dare di loro una chiave di lettura altra, necessariamente insolita. Nei tre anni compresi fra il 2010 e i giorni a noi più prossimi, nei quali egli ha evoluto la propria ricerca plastica in un ambito che verrebbe da definire spazialista – in considerazione dei pieni e dei vuoti che caratterizzano, ora, la serie degli Studio-filtri –, Filomeni ha saputo conquistare apici ragguardevoli, che lo emancipano come uno dei talenti più complessi e significativi all’interno della sua generazione.

Firenze, maggio 2013.
Prof. Giovanni Faccenda

 

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